Raffaele Dinardo (1932-2015), maestro elementare, direttore didattico, ispettore, sindacalista, politico, in ogni sua attività portò l’animo umile e generoso del maestro elementare. Ebbe la qualità dell’uomo che sapeva ascoltare e capire. Ogni suo impegno fu sempre un servizio da rendere agli altri. Con un lieve sorriso, soleva dirsi francescano, anche quando raggiunse l’alta carica di Presidente della Regione Basilicata. Ricordarlo oggi, perciò, attraverso le testimonianze di quanti lo conobbero, è proporre la forza di un esempio e di un modello morale e sociale.
Prezzo: | €12.00 |
SKU: | 9788898200184 |
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Il libro “Angelo Raffaele Dinardo, maestro sempre e ovunque” raccoglie le testimonianze di alunni, maestri, dirigenti scolastici, sindacalisti, politici, religiosi, giornalisti ed amici che hanno conosciuto Angelo Raffaele Dinardo nei tanti ambienti in cui ha lavorato generosamente. Con questo volume l’Associazione Italiana Maestri Cattolici di Basilicata (AIMC), di cui Dinardo ha fatto parte sin dal lontano 1954, intende ricordarlo come educatore e “politico” (nel senso aristotelico del termine), che in ogni sua attività ha mantenuto lo stile del maestro, cioè della competenza, della disponibilità e dell’umiltà nel sapersi dare agli altri in vista del bene comune.
Il maestro
Nato ad Irsina nel 1932, Dinardo arrivò all’insegnamento dopo aver lavorato per anni nella bottega artigiana dello zio, falegname carpentiere. Fu quindi studente-lavoratore, impiegato come istitutore presso il Convitto Nazionale Principe di Piemonte di Potenza, nel mentre frequentava l’Istituto Magistrale della città. Con tali esperienze alle spalle, maturò presto la convinzione comune ai tanti maestri che, nel dopoguerra, giravano per le campagne e i paesini, nella consapevolezza missionaria di essere chiamati a ricostruire l’Italia, attraverso corsi serali, scuole popolari, centri di lettura e scuole sussidiate operanti in solitarie masserie. Non è meraviglia, perciò, che, come direttore didattico e ispettore, cioè come dirigente, sia stato soprattutto consigliere e assistente dei maestri, aiutandoli nel difficile cammino didattico e pedagogico, dai cui risultati dipendevano sviluppo e cultura delle comunità più svantaggiate.
Sapeva ascoltare
La lode forse più bella che sia stata fatta a Dinardo è che sapeva ascoltare. “Lo sapeva fare – ha scritto Giovanni Caserta – proprio perché era stato maestro elementare, di quelli che, nel secondo dopoguerra, e nelle nostre campagne, si chinavano su bambini sporchi e scalzi, per ascoltarne il dialetto e tradurlo in italiano. Era uno di quei maestri che, come il maestro Manzi, come Mario Lodi, come Albino Bernardini, come Bruno Ciari, si spesero per rilanciar una Italia ancora coperta dalle rovine della guerra e del fascismo”.
Innovatore
Come tutti i pedagogisti di quegli anni, sapeva, tuttavia, che la scuola non può reggere al suo compito di rinnovamento e progresso, se non si rapporta con la società e non la coinvolge in un identico, unico obiettivo. Così dicevano Freinet, Freire, Dewey e, prima di tutti, Durkheim e Profit, non escluso un pedagogista accetturese, Matteo Miraglia, attivissimo nella Torino di fine Ottocento di Edmondo De Amicis. Di qui scaturì la necessità di un impegno sociale attivo che diventò impegno politico tutte le volte che ne sentì il bisogno. Nella scuola, intanto, era innovatore e sperimentatore, secondo le esigenze che tempi in rapida evoluzione imponevano. Del resto, nessun settore richiede innovazione e sperimentazione quanto la scuola, che agisce sulla parte più viva e in fase di crescita della società. Il mondo della scuola lucana, pertanto, quella scuola in cui fu presente per oltre quarant’anni, ancora oggi gli riconosce unanimemente dinamicità e adattamento piagetiano, cioè innovazione nella saggezza e nell’equilibrio. Sta di fatto che, dalle attività integrative alla sperimentazione del TP con la 820/71, e fino all’avvio della 148/90, una vera rivoluzione in regione, lo si trova sempre in prima linea.
Politico
La prima esperienza politica di Dinardo risale al 1970, quando ricoprì il ruolo di assessore provinciale alla istruzione. Furono gli anni in cui si batté, fra l’altro, per la eliminazione delle pluriclassi e per il tempo pieno, da cui erano destinati a trarre maggior vantaggio soprattutto i ragazzi socialmente più deprivati. Nel 1995, in un momento in cui si sentì, dopo Tangentopoli, il bisogno di “volti nuovi”, arrivò alla carica di Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata. Anche questa esperienza fu vissuta con la massima disponibilità all’ascolto e al dialogo. Il che spiega perché gli fu permesso di terminare la sua legislatura quinquennale senza alcuna interruzione, anche temporanea. Ciò significa che sempre ricercò il consenso, che non si può ottenere se non col dialogo e con la capacità di capire le ragioni degli altri, anche quando sono avversari. Né, chiusa la parentesi del “prestito alla politica”, cercò cariche surrettizie, ma, ancora una volta, si mise a disposizione, operando in Enti e centri di studio, che, come diceva, potevano aiutare la Basilicata e il Sud a uscire dalla “cultura della dipendenza”.
Una bella lezione
Ragazzo e studente lavoratore aveva imparato che nella cultura è il segreto di una umanità diversa, meno ingiusta e senza guerre, più degna di sé. Soleva perciò ripetere che chi ha avuto il privilegio di studiare deve sentirsi in debito con la società e restituire qualcosa agli altri, dando tempo, pensiero, vicinanza, azione concreta. Ricordare Raffaele Dinardo con le testimonianze di quanti lo hanno conosciuto, sprona a riprendere il “lavoro educativo”, con passione e la “politica” come servizio perché, oggi, la Basilicata e l’Italia intera hanno bisogno di docenti, dirigenti e politici che siano esempio di competenza, serietà e coerenza per tutta la società.
Franco Villani, editore
INFORMAZIONI:
Autore | (a cura di Anna Maria Bianchi) |
Isbn | 9788898200184 |