La pubblicazione è composta da un fascicolo e da una cartella con tasca interna. Il fascicolo contiene un breve profilo storici di 24 comuni della Basilicata. La cartella contiene 24 stampe a colori su cartoncino formato A/4 di 24 costumi popolari tradizionali del 1700 fatti disegnare dal re Ferdinando IV di Borbone nel 1782 che incaricò alcuni pittori di dipingere i costumi più significativi del regno.
Prezzo: | €30.00 |
Recensioni
Vincenzo Falasca, Presidente dell’Istituto Ricerche Archeologiche Basilicata, con sede in Grumento Nova, è l’autore della pubblicazione “Costumi popolari tradizionali della Basilicata del 1700 e 1800”. La ricerca è composta da un fascicolo e da una cartella. Il fascicolo riporta una breve descrizione degli stemmi comunali, una etimologia del nome del comune, un breve profilo storico-sociale di 24 comuni lucani. La cartella contiene 24 stampe, interamente a colori, di cui 14 riproducenti le tempere della “Collezione lorenese o fiorentina delle gouaches” di Palazzo Pitti, 2 dipinti del francese E. Pingret, oggi alla Galerie Royale di Parigi, 1 acquarello di De Simone, 1 litografia francese del 1820 e 6 elaborazioni grafiche di ricerche sul campo.
Questi i nomi dei comuni descritti nel fascicolo con allegata riproduzione del costume popolare: Aliano, Brienza, Ferrandina, Francavilla, Grumento Nova, Lagonegro, Latronico, Maratea, Marsiconuovo, Marsicovetere, Moliterno Montemurro, Paterno, Potenza, Rivello, Sant’Arcangelo, San Chirico Raparo, San Martino d’Agri, Sarconi, Senise, Spinoso, Tito, Tramutola, Viggiano.
Ricordiamo che fu il Re di Napoli Ferdinando IV ad incaricare, nel 1882, alcuni pittori per far dipingere i costumi più significativi del Regno. Per la Basilicata vennero incaricati i pittori Antonio Berotti e Stefano Santucci. Della intera collezione restano 208 dipinti raffiguranti costumi di 8 province del regno di Napoli. Il trasferimento delle cosiddette gouaches da Napoli a Firenze si spiega con i rapporti di parentela allora esistenti tra i Borbone di Napoli e i Lorena del Granducato di Toscana.
Le 14 tempere riprodotte nella cartella rappresentano una interessante documentazione iconografica sul costume popolare della nostra Regione. “Sono documenti che, prima di essere immagini verosimili di un "popolo", individuato nella connotazione delle diversità delle sue fogge di vestire, testimoniano la natura e la qualità degli interessi con cui quel popolo, politicamente e socialmente ancora quasi invisibile, cominciava ad esistere come immagine…” (Enzo Spera).
Ma pur nella loro limitatezza e frammentarietà (molte andarono perdute con la Rivoluzione napoletana del 1799) esse danno uno spaccato abbastanza esaustivo dei costumi popolari tradizionali della Regione di fine Settecento. È noto che il costume tradizionale era cosa ben diversa dai vestiti giornalieri. Adoperato nel matrimonio e nelle occasioni solenni rappresentava il simbolo del modo di vestire di ciascun paese ed era di tipo unico. Sin dal Medioevo, grazie alla ricchezza di guarnizioni e di monili, era considerato un "bene patrimoniale" e le parti più preziose di esso (i merletti, gli ornamenti di oro e di argento, il panno damascato) si trasmettevano di madre in figlia (la primogenita), mentre con tale costume ci si faceva adagiare nella bara. In un’epoca in cui portare le scarpe era già un lusso per le classi meno abbienti, si arguisce facilmente che i costumi, riprodotti dai pittori incaricati da Ferdinando IV, appartenevano a donne di famiglie agiate, presso cui gli artisti incaricati avevano trovato anche ospitalità.
Oltre alla specificità e alle connotazioni originali di ciascun costume è interessante sottolineare gli elementi di riempimento della scena che rinviano a caratteristiche peculiari di ogni Comune: il monte Alpi nel quadro di Latronico, i castelli in quelli di Brienza e Saponara, o spunti figurativi (una sorta di immagini prototuristiche) come l’albero d’ulivo nella tempera di Ferrandina o l’arancia in quella di Senise.
INFORMAZIONI:
Autore | Vincenzo Falasca |
Isbn | 978-88-98200-085 |