Le pagine di questo libro sono pagine di colori e di profumi. Più che un libro potremmo definirlo un manuale del vivere bene e in salute per le enormi proprietà vitaminiche che propone attraverso l’uso consapevole della frutta. La frutta è soprattutto un alimento cromatico, dai profumi intensi che inebriano sia gli occhi che la gola. Non di meno raccontano la storia dell’uomo attraverso la loro coltivazione e il loro consumo
Prezzo: | €15.00 |
SKU: | 9788898200283 |
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La frutta ………tentazioni!
Le pagine di questo libro sono pagine di colori e di profumi. Più che un libro potremmo definirlo un manuale del vivere bene e in salute per le enormi proprietà vitaminiche che propone attraverso l’uso consapevole della frutta. La frutta è soprattutto un alimento cromatico, dai profumi intensi che inebriano sia gli occhi che la gola. Non di meno raccontano la storia dell’uomo attraverso la loro coltivazione e il loro consumo. Basti menzionare Gaia, la Madre Terra, che nel giorno del matrimonio tra Zeus ed Hera regalò un albero pieno di mele d’oro. Dalla mitologia Greca al racconto nella tradizione cristiana la metafora della mela tentatrice diventa universale. Troviamo il serpente che vigila l’albero e che seduce Eva invitandola a raccogliere la mela e a dividerla con Adamo, indotti al peccato e scacciati dall’Eden. Anche se il Vecchio Testamento fa risalire al fico come l’albero del frutto del peccato, proibito da Dio all’uomo nella valle dell’Eden. Qui il signor Adamo e la signora Eva, quando si accorgono di essere nudi si ricoprono le parti intime con una foglia di fico, albero a loro vicino, a portata di mano. Non la mela dunque ma il fico. Probabilmente ipotesi veritiera perché già di per se il fico nasconde un inganno, quello che comunemente viene ritenuto il frutto è in realtà una grossa infruttescenza, un insieme di frutti, di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, con una cavità carnosa dove all’interno ci sono i veri frutti, molto piccoli, chiamati acheni. Altro frutto godurioso, che inebria dopo essere stato schiacciato è l’uva, che gli Enotri impiantarono nel nostro territorio “innalzando tralci striscianti su pali”. Proveniente dalle civiltà egizie e greche i grappoli di uva venivano usate come corone per ninfe, per gli dei e per gli eroi e sempre presente sulle tavole aristocratiche. Considerata quasi come una piacevole droga leggera, la troviamo come frutto del piacere nei banchetti di nobili e prìncipi, in ricette afrodisiache trasformate in dolce nettare e àmbrosia. L’uva attraverso i suoi colori, rossiccia nera, bianca, ha ispirato artisti e pittori in tutti i secoli, descritta nei libri e papiri, rappresentata nelle tele e sui muri trova la migliore esaltazione nel dipinto di Caravaggio che ha disegnato il Bacco degli Uffizi (1596 – 1597) e il Bacchino malato (1593). In questi sensuali passaggi non poteva mancare il frutto rosso e carnoso dell’amore, la fragola, dove una leggenda narra che sia stata creata dalla lacrima di Venere versata per la morte del suo amato Adone, cadendo al contatto con la terra assume la forma del cuore. In epoche più moderne si ha una vera e propria infatuazione per le pere che vengono paragonate, anche per le sue fattezze anatomiche, al corpo di una gentildonna, da questo nasce quel famoso detto “al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere………! Cosi come tutti questi frutti raccolgono energia e vitalità dal Sole, l’arancio ne raccoglie il colore e con i raggi matura i suoi carnosi spicchi. Mentre il sole sta fermo l’arancio ruota intorno al mondo partendo dall’Asia dove riempie le stive delle navi portoghesi all’epoca delle crociate, per questo chiamato anche portogallo, pennella di oro i giardini delle “rabatane” in Terra di Lucania a ridosso del mar Ionio. Pieni di vitamina C servivano per combattere lo scorbutico. Ancora gli arabi portarono in dono l’Al-barquq”, l’albicocco, chiamato anche praecox, che nel tardo latino significa “precoce”, da qui anche il nome percoca. Sembra che una delle prime testimonianze precise della presenza dell’albicocco in Sud Italia sia dovuta a Gian Battista Della Porta, scienziato napoletano, che, nel 1583, nell’opera “ Suae Villae Pomarium” li distingue in due ecotipi, bericocche e crisomele, più pregiate. Da questo antico termine deriverebbe la “crisomola” ancora oggi usato per indicare alcune varietà di albicocche. Un altro frutto ci riporta ad un immagine scolpita nella memoria, ad un ritratto fotografico dove un profilo femminile si tende con la bocca verso due tonde e invitanti ciliegie, bagnate da gocce d’acqua, che pendono da un orecchio. Il proconsole romano Lucullo, prima di abbandonare la città di Cerasunte o meglio Giresun, nel Ponto, l’attuale Turchia, diede ordine ai suoi legionari di portare a Roma il frutto chiamato ”cerasa” che diventò un prodotto di largo consumo come risulta da scritti di Plinio il vecchio, Varrone ed Apicio. La seduzione della frutta continua con il trionfo dei chicchi rossi del melograno, narrato da numerose leggende in tutto il mondo e in tutte le letterature, come ad esempio il mito di Proserpina che lega a sé il dio dell’Ade Plutone dopo avergli fatto addentare una melagrana. Da allora, il frutto simboleggia la prosperità, la fedeltà coniugale e la fecondità. Il melograno compare anche nel Cantico dei Cantici (IV sec. a.C.) dove l’anonimo autore descrive la sposa amata “come un nastro di porpora le tue labbra e la tua bocca è soffusa di grazia; come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il tuo velo” e promette la fecondità della Terra Promessa “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane con i frutti più squisiti”. A chiudere questo bel libro resta il frutto della noce. E se risulta vero il detto che ogni frutto fa bene per quel che del corpo umano rappresenta, la noce rappresenta la parte anatomica a noi cara, il cervello, racchiuso dal guscio, dalla testa.
Mangiare o regalare noci vuol dire partecipare alla crescita della cultura nell’uomo.
Federico Valicenti, cibosofo
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Autori | Donne '99 |