In quest’ultima raccolta l’autore oscilla fra lo ‘sproloquiare’, l’esigenza dell’esprimersi che in lui non è mai un non-senso e il contrappeso dell’intelligente ironia con cui ammicca e seziona la storia e il mondo. Una morale di vita è sottesa ai versi: sfuggire ai turbamenti, continuare il viaggio verso l’Itaca ideale, ricercare il senso dell’insofferenza, abbellendo questa vita-cammino…La storia presente si dà con il suo dolore e l’oltraggio dell’incomprensione, dell’incertezza acuta e del vuoto sociale che sembra circondare il poeta, il cui pensiero ritorna e s’ingolfa nel ‘passato (benedetto/maledetto)’.
Prezzo: | €7.00 |
SKU: | 9788898200399 |
Dimensione: | 1cm x 12cm x 18cm (LxWxH) |
Peso: | 100 kg |
Recensioni
Il poeta del groviglio vitale
di
ANTONIO LOTIERZO
In quest’ultima e variegata raccolta, Gerardo Acierno oscilla fra lo ‘sproloquiare’, l’esigenza dell’esprimersi che in lui non è mai un non-senso e il contrappeso dell’intelligente ironia con cui ammicca e seziona la storia e il mondo.
Una morale di vita è sottesa ai versi: sfuggire ai turbamenti, continuare il viaggio verso l’Itaca ideale, ricercare il senso dell’insofferenza, abbellendo questa vita-cammino.
La storia presente si dà con il suo dolore e l’oltraggio dell’incomprensione, dell’incertezza acuta e del vuoto sociale che sembra circondare il poeta, il cui pensiero ritorna e s’ingolfa nel ‘passato (benedetto/maledetto)’. E ciò che gli capita è avvertito come curioso, come stranezze (e non nel senso di S. Penna), come oltraggio al proprio orgoglio. I maestri non offrono più certezze ma condividono silenzi e debolezze, come se fossimo tutti sperduti nelle crepe della spaziale galassia.
Il generale ritmo dei versi assume un andamento prosastico, per adeguarsi alla corrente delle riflessioni che sono proposte a gettito continuo, pur di ottenere una trasparenza di comunicazione con il lettore: ricordi di amici, domande paradossali…
Registrate sono, poi, le differenze, esperite con l’emigrazione o con l’inseguimento geografico del lavoro della figlia, e appare il Nord come ‘fosso cittadino’ in cui scavare ‘nicchie / di speranze’ e scovare frugalità inattese in un disorientamento che appare ingiustificato ‘spaesamento’ (un termine critico che lanciai dopo l’antologia del 1990, ripreso da P. T. Ziella, ma ormai liso dalla moda e sfuocato se usato da stanziali meridionali, pregnante solo se denotante lo scontro interno-esterno dell’esiliato poeta).
Tanto ama il recinto, la sua aia geografica il meridionale. Tanto pesano sulle coscienze le diversità regionali. E poi si vive col senso d’appartenere al ‘manipolo dei perdenti’, ora che gli occhi si sono aperti e non si crede più nella ‘favola d’un mondo onesto e felice’.
Uno scetticismo montante questo di Acierno, scalpellino della contraddittorietà storica, che avverte e denuncia il senso della diserzione, della sconfitta. Un profeta sentenzioso che urla circa e verso il passato prossimo, stremato per l’attuale e cieco al futuro per lo sbattere d’ali in un cielo che non si sa se tornerà a colorarsi di serenità.
Al di là delle poesie filosofiche enucleate su considerazioni, un esito diverso hanno le poesie naturalistiche in cui o la nebbia o la neve o i fiori o le stradine antiche o le colline o la legna accatastata o uno scorcio incendiario offrono al lettore una dimensione mitologica del quotidiano, che possiede un’aura incantatrice e di luce perfetta. Allora sì che la narrazione di ‘scoiattoli nei buchi’ rende felice per noi quest’ ultimo ‘rosario dei giorni’, che Acierno sgrana con interrogative immagini e riflessività linguistiche dense di positive sorprese.
Non poco peso hanno, con ulteriore direzione d’apertura, del ‘fischio in contraltare / del merlo, le poesie religiose, che qui, in ‘In San Bartolomeo della Beverara’, in ‘Sulle colline’, in ‘La promessa’ e in ‘La gioia’, aprono un forte colloquio spirituale, intriso di pianto e di speranza per ‘l’altra Vita’ e dispiegano la dinamica consolatrice della preghiera.
In “Centro storico”, come in “Silenzio”, la vita si è contratta, è solo rievocazione del passato, appesantito dal rancore e manca la fonte che irrighi e illumini di senso quest’esistenza ulteriore. E’ ciò che richiede, in “Cripte”, un Verbo forgiato nella preghiera e che aspirerebbe a farsi “Raggio” di altra Luce, trasfigurando nel suo vortice il poeta in Altro. Il pericolo è che ora ci si scopra larvati, sfigurati dalle connaturate maschere, come il papa non di Tiziano ma di Bacon e che gli altri non vogliano o non sappiano cogliere l’innocente verità del suo discorso. Maledetto cinismo, quanti poeti decapiti!
Né mancano frizzi ironici e corpose quote di realismo sociale e i bozzetti e le quasi storie di vita, tutte riassunte in ristrette strofe ma aperte ad una socialità verso cui Acierno è spinto quasi naturalmente dalla sua alta coscienza.
Grande ricamo verbale è in “Elemosinare conoscenza”. Il poeta coltivando l’orto dell’attesa, sa di farneticare al vento dei pali della vecchia ferrovia e fa l’elogio del silenzio assordante e sovraumano. Giunge ‘l’oltreuomo?
Un itinerario poliedrico e policromo questo di Acierno che parte dal marcito presente, si solleva verso un’ecologia caricata di miti e si proietta, con slancio metafisico, in un futuro vitale, cui offre perennità gioiosa la rassicurazione nepentica che infuoca e narcotizza ogni fedele della parola.
INFORMAZIONI:
Autore | Gerardo Acierno |