La corda spezzata di una chitarra riannoda i fili di un sogno lucido vissuto col piede sull’acceleratore delle emozioni. Una vecchia moto con un serbatoio dipinto a mano diventa immediatamente un tatuaggio indelebile sull’anima di Vito Lisi, musicista passionale e silenzioso, poeta schivo e originale, ma anche interprete sensibile delle canzoni altrui (in questo caso gli Alunni del Sole). In questo suo libro-confessione, l’autore Vito Lisi racconta con leggiadria il versante pop-rock della sua personale identità musicale.
Prezzo: | €10.00 |
SKU: | 9788898200405 |
Dimensione: | 21cm x 15cm x 1cm (LxWxH) |
Peso: | 50 kg |
Recensioni
In sella ad una moto verso gli “Alunni del Sole”
Prefazione di
di Walter De Stradis
La corda spezzata di una chitarra riannoda i fili di un sogno lucido, ovvero vissuto con gli occhi bene aperti, dando un La sghembo alla colonna sonora di una vita da passare col piede sull’acceleratore delle emozioni.
Il “benvenuto” di un bambino con le lenti spesse e la faccia da culo accende la miccia di un fuoco che non verrà mai più sopito, la passione rovente per le due ruote e la velocità, ma allo stesso tempo rende subito chiaro al piccolo Vito Lisi la consistenza dello “spirito” lattiginoso e vischioso che anima la città che lo accoglie (si fa per dire), Potenza.
Una vecchia moto con un serbatoio dipinto a mano diventa immediatamente un tatuaggio indelebile sull’anima di questo musicista passionale, ma silenzioso, un poeta schivo e originale, ma anche interprete sensibile delle canzoni altrui (in questo caso quelle degli “Alunni del Sole”).
In questo suo mini-libro-confessione, l’autore Vito Lisi racconta con leggiadria (che non è leggerezza) il versante pop-rock della sua personale identità musicale (che comprende anche la tradizione popolare e il folk, ma quella è un’altra storia, già raccontata su altri testi pubblicati da questo stesso editore), seguendo uno per uno il flusso e i percorsi dei globuli rossi che fanno il sangue di un amore (per la musica, per le moto, per la bellezza e la “pulizia”), che gli pompa nelle vene del collo e delle tempie.
Con una invidiabile dote di sintesi, l’autore racconta per immagini (ma forse sarebbe meglio dire cartoline) questo suo sogno giovanile, passato dall’etereo materiale di cui sono fatti i voli pindarici (notturni e diurni), alla concretezza, sudata, ruvida ed entusiasmante, della realtà, in questo caso rappresentata da un palco, da un gruppo alle spalle (e quale gruppo!) e un pubblico (folto) davanti.
Insomma, per parafrasare un altro musicista italiano degli anni Settanta (Claudio Rocchi), un “Volo Magico”, quello di Vito Lisi, che si consuma tuttora, ma non in groppa a una scopa o seduto su un tappeto arabo, bensì in sella a una moto stagionata. Un mezzo meccanico, dotato di – capricciosa- vita propria, al quale il poeta declama versi come fosse un bambino, un figliol (prodigo) perduto e poi ritrovato per questioni accidentali che –accidenti- forse di casuale non hanno un bel niente.
E poi, nei viaggi di questo hippie col sigaro in bocca e la cravatta, di questo figlio dei fiori da una terra (la Basilicata) che sa rivelarsi arida, ci sono anche e soprattutto i ritorni: a chi legge, nonché all’autore stesso, sorge il dubbio che le partenze siano fatte per il piacere di tornare.
Ci sono poi gli aneddoti – i cosiddetti “trivia” che fanno la gioia di ogni appassionato di musica e di retroscena – ci sono intermezzi che apparentemente non c’entra nulla (ma composito è il pensiero del compositore), ci sono anche lazzi, aforismi, versi, e aspetti contro-versi (della nostra società).
Cosa volere di più dai sogni?
Già, perché a volte è labile è il confine fra il sogno e il presagio.
È anche ciò che immaginiamo a tramutarsi in realtà, o è la realtà che, in cerca di una qualche ispirazione, si rifà ai sogni?
Il racconto di Vito Lisi ci fa sperare in entrambe le cose.
INFORMAZIONI:
Autore | Vito Lisi |