Il fumetto ricostruisce le vicende della manifestazione della protesta popolare che si svolse a Bernalda l’8 aprile 1888 contro un aumento della tassa di famiglia che avrebbe dovuto finanziare una condotta idrica per portare l’acqua potabile in città. La folla chiese al Sindaco di ricevere una delegazione di cittadini per discutere del provvedimento affisso proprio quella mattina all’Albo Pretorio. Il Sindaco, prima di consentire ad alcuni cittadini di salire sul suo palazzo, provvide a far arrivare nella piazza i Carabinieri, le Guardie Campestri e alcuni soldati che si trovavano a Bernalda e a telegrafare al Prefetto richiedendo l’invio di militari. Una quindicina di uomini, armati di tutto punto, si schierarono davanti all’ampio portone che domina la piazza. La delegazione dei cittadini fu licenziata in breve tempo, senza aver ottenuto alcun risultato. La folla, sempre più numerosa, riprese a protestare urlando contro il Sindaco. Dopo circa mezz’ora dall’inizio della manifestazione il Sindaco si decise ad affacciarsi al balcone per parlare alla folla. All’improvviso si sentì un colpo di pistola che provocò un fuggi fuggi in tutte le direzioni. A quel punto il Sindaco dette ai militari l’ordine di far fuoco. Furono uccise 6 persone e ferite moltissime altre. Tutti furono colpiti alle spalle, mentre fuggivano! I feriti furono “arrestati” e portati in caserma. Dall’ottobre successivo si svolse un processo che condannò 9 ribelli! I signori della Città definirono quell’avvenimento come “la rivolta dei ciucciari!”. Una espressione fortemente dispregiativa per capovolgere il senso stesso di quella pacifica protesta e per attribuirne le conseguenze all’ignoranza cafonesca dei contadini e dei braccianti accusati di essere chiusi al progresso ed insensibili all’igiene pubblica. A distanza di 70 anni, e fuori dal processo, si scoprì, finalmente, che il primo colpo sparato sulla folla fu opera di un sacerdote, nipote del Sindaco, morto nel 1931, a casa della donna con la quale viveva “more uxorio” e dalla quale aveva avuto ben quattro figli, e non era “un ciucciaro”!
(Dalla prefazione di Angelo Tataranno)
Prezzo: | €12.00 |
Dimensione: | 23cm x 16cm x 1cm (LxWxH) |
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Il fumetto ricostruisce le vicende della manifestazione della protesta popolare che si svolse a Bernalda l’8 aprile 1888 contro un aumento della tassa di famiglia che avrebbe dovuto finanziare una condotta idrica per portare l’acqua potabile in città. La folla chiese al Sindaco di ricevere una delegazione di cittadini per discutere del provvedimento affisso proprio quella mattina all’Albo Pretorio. Il Sindaco, prima di consentire ad alcuni cittadini di salire sul suo palazzo, provvide a far arrivare nella piazza i Carabinieri, le Guardie Campestri e alcuni soldati che si trovavano a Bernalda e a telegrafare al Prefetto richiedendo l’invio di militari. Una quindicina di uomini, armati di tutto punto, si schierarono davanti all’ampio portone che domina la piazza. La delegazione dei cittadini fu licenziata in breve tempo, senza aver ottenuto alcun risultato. La folla, sempre più numerosa, riprese a protestare urlando contro il Sindaco. Dopo circa mezz’ora dall’inizio della manifestazione il Sindaco si decise ad affacciarsi al balcone per parlare alla folla. All’improvviso si sentì un colpo di pistola che provocò un fuggi fuggi in tutte le direzioni. A quel punto il Sindaco dette ai militari l’ordine di far fuoco. Furono uccise 6 persone e ferite moltissime altre. Tutti furono colpiti alle spalle, mentre fuggivano! I feriti furono “arrestati” e portati in caserma. Dall’ottobre successivo si svolse un processo che condannò 9 ribelli! I signori della Città definirono quell’avvenimento come “la rivolta dei ciucciari!”. Una espressione fortemente dispregiativa per capovolgere il senso stesso di quella pacifica protesta e per attribuirne le conseguenze all’ignoranza cafonesca dei contadini e dei braccianti accusati di essere chiusi al progresso ed insensibili all’igiene pubblica. A distanza di 70 anni, e fuori dal processo, si scoprì, finalmente, che il primo colpo sparato sulla folla fu opera di un sacerdote, nipote del Sindaco, morto nel 1931, a casa della donna con la quale viveva “more uxorio” e dalla quale aveva avuto ben quattro figli, e non era “un ciucciaro”! (Dalla prefazione di Angelo Tataranno)