Michele Parrella (1929-1996), di Laurenzana, fu il rapsodo che cantò la storia al suono del cupo cupo, strumento che, come è noto, appartenente alla musica popolare, col suo “fondo” suono, esprime l’anima più vera della civiltà contadina e lucana, ma forse di tutti i popoli in cerca della terra promessa. Parrella se ne fece “cantore”. Con la pubblicazione di questo documentato ed articolato saggio, il primo sul tema, si ha, oggi, la possibilità non solo di conoscere meglio la nostra storia, la nostra gente e i sogni di un secolo, ma si ha anche la possibilità di ricordare un poeta, dal forte sentire, cui, ingiustamente dimenticato, si assegna oggi, nel panorama della poesia lucana e nazionale, il posto che merita.
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Non ho conosciuto personalmente Michele Parrella, in quanto di una generazione precedente la mia. Lui era già adulto quando io sono nato. Da molti anni, però, conoscevo il suo nome per le mie frequentazioni letterarie e per l’affinità politica. Ho letto tutto di un fiato il libro che l’amico Giovanni Caserta mi ha proposto di pubblicare. Si tratta di un volume che ricostruisce, a partire dalle vicende personali di Michele Parrella, importanti momenti storici del Novecento, definito da Hobswamm, secolo breve, ma che breve non è stato, visto che contiene due guerre mondiali, il colonialismo, la caduta del fascismo, la nascita della Repubblica Italiana, le crisi internazionali del regime comunista, il terrorismo degli anni Settanta, il rapimento Moro, la caduta del muro di Berlino, Tangentopoli…
Generalmente, quando si vogliono conoscere le vicende storiche di un determinato periodo, ci si informa consultando libri scritti da storici di professione. In questo caso si possono ricavare molte informazioni e notizie storiche leggendo l’opera di un poeta. È noto che, nel linguaggio corrente, il termine “generazione” indica un arco di tempo della durata di 25 anni. Le scienze della formazione ci dicono che ogni generazione “conosce” direttamente le vicende che si svolgono nel proprio arco di vita; per conoscere quelle precedenti, invece, ci si deve documentare con lo studio e la lettura. Ne consegue che, per conoscere un uomo del passato, bisogna fare storia. Bene, quindi fa Giovanni Caserta, quando, nella sua analisi letteraria, fornisce documentate informazioni di natura storica e culturale, necessarie ad una migliore comprensione di Parrella uomo e poeta. Ci sembra un ottimo esempio della lezione della “lunga durata” suggerita dagli Annales di Bloch e Braudel. Gli avvenimenti, gli episodi, i fatti, anche quelli di cronaca quotidiana, acquistano un’altra rilevanza se inquadrati in un contesto di più ampio orizzonte, di cui, di converso, meglio si definiscono linee e palpiti.
Abbiamo così la possibilità di ripercorrere innanzitutto, quasi a volo d’uccello, gli episodi di vita culturale, sociale e politica che hanno caratterizzato la vita della nostra regione, a partire dagli anni Cinquanta e a finire agli anni Novanta. Sono vicende, tuttavia, tutte contestualizzate nelle vicende dell’Italia intera, dell’Europa e del mondo. Il tutto si fa leggendo le liriche di Michele Parrella, figlio di un medico-condotto di Laurenzana, piccolo centro a quaranta chilometri da Potenza, che, dopo l’infanzia felicemente trascorsa in paese, e dopo la frequenza del Liceo Classico a Potenza, si iscrive alla facoltà di medicina a Siena. Purtroppo, la perdita prematura della madre e del padre lo costringe a interrompere gli studi universitari. Si stabilisce quindi a Roma, dove conduce una vita da bohémien e da poeta, con organiche frequentazioni del mondo della letteratura, dell’arte, del cinema e della politica. Diventa amico delle più importanti personalità del tempo. E proprio da Roma, centro della politica nazionale e internazionale, assiste ai cambiamenti di vita e di pensiero che mutano rapidamente il corso della storia nel mondo. Ma Parrella è un poeta. Ogni episodio o evento diventa, per lui, occasione per esprimere sentimenti e sensazioni in poesie che, quasi sempre dedicate e datate, ci consentono, a distanza di anni, di conoscere il suo rapporto con il mondo e il suo modo di sentire la vita.
Ma, pur attento alle vicende più grandi del mondo, come quanti lasciarono paese e paisani, anche Parrella non sfugge al desiderio di ricucire, con la propria terra natale, lo strappo consumato al momento della sua partenza. Così, tutte le volte che se ne presentò l’occasione, egli tornò a Laurenzana, o, come lui stesso dice, al suo villaggio. Negli anni della maturità, più di qualche volta, per lunghi periodi, visse nella fascinosa Matera, pur servendosene come base per raggiungere altri luoghi della regione.
Di questo suo girovagare restano poesie che i ricordi dell’infanzia trasformano in commosse elegie. Compaiono il “fiume della Serra” (Serrapòtamo), il monte Caperrino, la Taverna d’Anzi, tutti luoghi che si fanno mitici. Molte altre poesie portano località che, essendo io originario di Calvello, a pochi chilometri da Laurenzana, conosco per averli frequentati, ieri durante la mia infanzia, oggi nei miei frequenti ritorni. Si cantano il Volturino, il Monte Saraceno, la Sellata, Pierfaone, luoghi che Ginetto Guerricchio, il pittore materano amico del poeta, definì, con incisiva e sintetica immagine, “Svizzera lucana”.
Si capisce perché Giovanni Caserta abbia voluto intitolare questo volume Il rapsodo che cantò la storia al suono del cupo cupo, strumento che, come è noto, appartenente alla musica popolare, col suo “fondo” suono, esprime l’anima più vera della civiltà contadina e lucana, ma forse di tutti i popoli in cerca della terra promessa. Parrella se ne fece “cantore”. Con la pubblicazione di questo documentato ed articolato saggio, il primo sul tema, si ha, oggi, la possibilità non solo di conoscere meglio la nostra storia, la nostra gente e i sogni di un secolo, ma si ha anche la possibilità di ricordare un poeta, dal forte sentire, cui, ingiustamente dimenticato, si assegna oggi, nel panorama della poesia lucana e nazionale, il posto che merita. Per chiudere, non posso sottrarmi ad una nota personale. Ho incontrato per la prima volta Giovanni Caserta, quando, in preparazione della classica “tesina” da discutere agli orali degli esami di maturità, con alcuni amici di scuola (diventati poi amici di vita) leggemmo il suo saggio Realtà e miti nella lirica di Pavese (1970). Passarono quindi molti anni, prima che lo conoscessi personalmente. L’occasione fu data dalla lettura della sua vasta Storia della letteratura lucana e dal mio desiderio di dedicargli un filmato, di cui avevo curato i testi e la regia (Basilicata, una regione da riscoprire). Era il 1996. Da allora ci vediamo e sentiamo periodicamente per le nostre discussioni storiche e letterarie. Spesso è venuto, come relatore, al mio paese, per impegni culturali. E’ successo quando svolgevo la mia professione di Dirigente scolastico; succede oggi, da quando, pensionato, sono dedito alla promozione del mio paese e del suo circondario. Gli sono perciò molto grato per aver voluto che il suo libro fosse pubblicato dalla Villani Libri Editore.
Grazie, dunque, Giovanni, anche per il contributo importante che, con questo volume, dai ad una migliore conoscenza e valorizzazione del nostro-mio territorio.
Franco Villani, editore
INFORMAZIONI:
Autore | Giovanni Caserta |
Isbn | 978-88-98200-061 |