La vita non prevede un cammino agevole. Essa, al contrario, è un “percorrere sentieri pietrosi”. A segnare la meta ideale verso cui tendere, è il sole, Per fortuna, non si è soli. Di qui l’importanza dell’amore, grazie al quale si crea un rete di affetti che fanno corona e che permettono di raggiungere, se non la luce, almeno schegge di luce o il barlume di una luna languida e sospirosa
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Racchiudere in poche note la poesia di Lucia Di Tolla tanto complessa, tanto ricca e tanto intensa, non è cosa facile. La raccolta Schegge di luce, infatti, è l’unica raccolta poetica che, tanto per usare una parola a lei così cara, ella mette alla “luce”. Proprio per essere l’unica raccolta, questa giunge al colmo di una esistenza di studio, riflessioni, confronti ed esperienze, all’interno della quale la luce gioca un ruolo interessantissimo. La vita, per la Di Tolla, invero, a conti fatti, non prevede un cammino agevole.
Essa, al contrario, è un “percorrere sentieri pietrosi”. A segnare la meta ideale verso cui tendere, è il sole, di cui si auspica e si sogna costantemente la comparsa. L’alba, perciò, è l’ora più attesa, tante volte ricorrente, talora sostituita dall’aurora. Valga per tutti un passaggio in cui così si legge: “Sorge dall’acqua il disco di luce […] / Si illuminano memorie / si schiudono fiori nei prati […] / Respira il fosso al fresco del mattino / torna il sorriso sdentato / al vecchio che siede al sole”.
Ma il sole, nella vita della Di Tolla e secondo la Di Tolla, è purtroppo solo agognato e agognabile. Ad esso si aspira e si tende. Altro motivo perciò ricorrente è quello della tensione, e dell’attesa. La vita –si è detto – è un percorrere sentieri pietrosi. A sorreggerci e sostenerci sono le mani adunche, che si attaccano alle rocce, nella funzione che fu della piccozza pascoliana. La forza di quelle mani è tutta nelle dita “intrise d’amore”. Solo così si spiega se, nonostante “speranze tradite”, e nonostante illusioni puntualmente svanite, il cammino non si ferma. ”Testardi accenni di coraggio – sostiene la Di Tolla – / sostengono la mia fragilità”. Per fortuna, non si è soli. Anzi non si deve essere soli. Di qui l’importanza dell’amore, grazie al quale si crea un rete di affetti che fanno corona e che permettono di raggiungere, se non la luce, almeno schegge di luce o il barlume di una luna languida e sospirosa.
Significative, pertanto, nella raccolta, sono le liriche dedicate dalla Di Tolla al marito, al padre, alla madre, alla figlia, alle amiche, agli amici, con i quali tutti si intrecciano “sottilissimi fili di vento”, che sono come le corde dolci di uno strumento musicale. Gli affetti, cioè, sono la musica della vita. E proprio agli strumenti musicali si assegna un posto di riguardo, talché, di conseguenza, colpisce la frequenza di parole come “armonia”, “sinfonia” e “melodia”. La vita allora, almeno quando si stringono anime affini, può apparire come una festa. “Le tue braccia – si dice a persona indefinita – mi circondano il cuore / e sorridendo conforti la mia solitudine / di donna nelle ombre dell’esistenza”. Quindi, al marito, con cui ha ballato non una sola estate, ma per tutta l’esistenza, la Di Tolla dice: ”Stordita, / aspetto la magia / di un nuovo tango con te”. In tale contesto assume particolare significato la lirica Insieme, là dove si leggono le seguenti parole: “Poi, quando i nembi ci travolgono, / insieme facciamo argine / alla tempesta”.
Con queste premesse si capisce perché la poesia della Di Tolla, pur così soggettiva, può assumere anche caratteri sociali, che si traducono in profondi legami con la terra di appartenenza . Rilevanti, infatti, sono le liriche dedicate alla Lucania, a Matera, a Maratea e alle antiche Madonne rupestri. In un conseguente, successivo abbraccio, esteso a tutta l’umanità, affiora un messaggio di pace, che è ovvio rifiuto della guerra, fatto attraverso i morti giacenti sul campo di battaglia, senza distinzione di divisa. Essi “non tacciono / quando restano da soli / sui sentieri dell’odio“.
Così forte sentire, come è facile intuire, spesso non trova nella lingua corrente lo strumento adatto alla sua espressione. Come di un fiume, spesso si rompono gli argini della comune lingua, facendo sprizzare, anche in tal senso , “schegge di luce”, tra simbolismi ed emblemi che, qua e là, sembrano echeggiare moduli montaliani. Il fatale andare, per esempio, si traduce in “reticoli di rughe, / foglie secche, sul selciato / di chi si lascia vivere”; una fanciulla “dagli occhi cangianti“, che appare sul veliero dell’esistenza col suo sorriso soave, può far pensare a Esterina, che i vent’anni minacciano; lo stesso dicasi dello “scrocchiare” di siepi e del “sibilare” di serpi.
Non è dunque poesia leggera quella della Di Tolla, ma sofferta e macerata, fatta di dubbi, pentimenti e rifiuti. Continuamente incerta, come la sua zattera che va verso un continente sconosciuto, ha saputo ripiegarsi su di sé, mettendosi in discussione e rimettendosi a consigli e incoraggiamenti altrui. Che, giustamente, non sono mancati.
INFORMAZIONI:
Autore | Lucia Di Tolla |
Isbn | 978-88-98200-092 |